Perché sei infiammato?

Avete presente quando fate uno sforzo, un lavoro, un’attività che non siete abituati a fare e sentite i muscoli che vi fanno male? Ecco, questa è un’infiammazione acuta che si risolve in qualche giorno e poi ritorniamo alla nostra normalità, abbiamo ristabilito il nostro equilibrio.
Ne esiste purtroppo un altro tipo, paragonabile ad un killer nascosto, e viene definita infiammazione cronica di basso grado, oppure “infiammazione cronica silente”. È costantemente presente e non ci abbandona mai ma non ne percepiamo effettivamente la presenza.
Tale condizione si presenta con l’avanzare dell’età e dell’invecchiamento della persona, che se non adeguatamente contrastata può favorire la comparsa di una patologia cronica come l’obesità, il diabete, il cancro, l’insufficienza cardiaca, epatica o renale, le malattie autoimmuni.
L’infiammazione cronica di basso grado porta più rapidamente al passaggio da uno stato lieve della malattia a uno più grave, per diversi motivi, ma principalmente, per un deficit mitocondriale, le nostre centrali energetiche. Questo deficit comporta un minore ricambio cellulare e dunque un maggiore accumulo di scarti del metabolismo che intossicano l’ambiente circostante (il nostro organismo) ed è quello che i biologi molecolari oggi chiamano SASP (Senescence Associated Secretory Phenotipe = Fenotipo secretorio associato alla senescenza).
Un riscontro a ciò può essere osservato nella perdita di massa muscolare che si nota negli anziani sani.

Per combattere l’infiammazione cronica di basso grado, eliminare gli scarti del metabolismo e mantenere l’efficienza dei nostri organi, compresa la massa muscolare, occorre intervenire su più fronti. Occorre innanzitutto migliorare lo stile di vita rivolgendosi ad un professionista esperto, eliminare il fumo di sigaretta, ridurre i cibi infiammatori come alcol e carboidrati semplici, aumentare il consumo di frutta e verdura senza esagerare poiché la frutta è si salutare ma ricca di zuccheri, fare attività fisica moderata ma costante, curare anche e soprattutto la qualità del riposo notturno e della nostra mente.

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Senza zucchero o light, quale è la soluzione?

dolcificante

Il consumo significativo di zucchero, ormai lo sappiamo, ha numerose ricadute negative sulla salute (aumento del rischio di obesità, diabete, malattie cardiovascolari, carie e altre patologie), tanto che da decenni, anche l’ OMS raccomanda  una decisa riduzione nella dieta di questo  ingrediente.

L’industria alimentare ha così progressivamente  studiato e immesso nel mercato delle alternative artificiali allo zucchero, gli edulcoranti artificiali. Una lunga serie di sostanze che hanno tutte in comune la capacità di donare dolcezza a qualsivoglia alimento o bevanda a cui vengano aggiunte, senza però apportare calorie (o apportandone solo una quantità risibile per dose) e senza provocare, o quasi, innalzamenti della glicemia. I nomi sono conosciuti: aspartame, sucralosio, saccarina, acesulfame K, ciclamato, neotamo citando i più noti. Oggi la diffusione dei dolcificanti artificiali è immensa: cibi e bevande dolcificate artificialmente vengono consumati ogni giorno da milioni di persone. Il solo aspartame si ritrova in oltre 6.000 prodotti alimentari in tutto il mondo. I consumatori, in breve, hanno decretato il successo su base planetaria degli edulcoranti chimici e dei prodotti alimentari che li contengono al posto dello zucchero, attratti soprattutto dall’idea di non dover rinunciare ad alimenti dal gusto dolce senza temere per la linea.

Purtroppo, evidenze scientifiche – e non da ieri – confermano che i dolcificanti artificiali non costituiscono una strategia efficace all’esigenza del controllo del peso. Ciò che è emerso da una serie crescente di studi epidemiologici e sperimentali, ha acceso il dibattito sulla sicurezza di questi additivi, mettendone in luce i possibili effetti nocivi per la salute, a diversi livelli. Alcune di queste ricerche hanno riscontrato l’esistenza di una relazione tra consumo di dolcificanti chimici e maggiore incidenza di ipertensione, sindrome metabolica, obesità, diabete di tipo 2, eventi cardiovascolari e cancro, riconducibile anche all’impatto non trascurabile che hanno i dolcificanti sul nostro microbiota intestinale.

Proprio recentemente sul legame tra dolcificanti artificiali e cancro  è stato pubblicato uno studio Francese che ha analizzato addirittura i dati di quasi 103.000 persone partecipanti allo studio.

I ricercatori d’oltralpe hanno rilevato che i soggetti abituali al consumo di dolcificanti artificiali, in primo luogo, aspartame e acesulfame K – presentavano rispetto ai non consumatori un rischio maggiore di cancro in generale, con rischi specifici più alti per il cancro al seno e alcuni tipi di tumori collegati all’obesità.

Si tratta, dunque, di conclusioni che chiaramente non supportano l’impiego dei dolcificanti artificiali come alternative sicure per lo zucchero negli alimenti o nelle bevande.

Quale può essere quindi una soluzione? Quella che ormai da anni invito ad adottare: non abusare né con lo zucchero o i suoi surrogati più o meno naturali (miele, fruttosio, sciroppo d’agave, zucchero di canna benché integrale, zucchero di cocco ecc.), né con i dolcificanti artificiali. Ovviamente, senza fanatismi: è la dolcificazione “a prescindere” quella da rifuggire. Un dolce ogni tanto (se fatto in casa magari diminuendo la quantità di zucchero indicata nella ricetta) nell’ambito di un’alimentazione complessivamente sana e di un altrettanto sano stile di vita che preveda anche dell’attività motoria, non fa alcun male, che sia dolcificato con zucchero o con gli edulcoranti di sintesi.

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