Categoria: Metabolismo
In linea con l’insulina
FEGATO GRASSO E VINO
Picco glicemico

I livelli di glucosio nel sangue (glicemia) non sono costanti, ma seguono un andamento curvilineo, tipo le montagne russe; fasi di picco si alternano ad altre di discesa, dipendenti dai pasti e dalla loro composizione. I valori minimi si raggiungono a digiuno, ad esempio al mattino prima di fare colazione, mentre il picco glicemico è massimo dopo circa un’ora dai pasti, specie se ricchi di zuccheri semplici.
L’andamento dei livelli glicemici dopo un pasto è influenzato dalla quantità e dalla qualità degli alimenti assunti.
Ad esempio, il picco glicemico raggiunto in seguito all’ingestione di un alimento ricco di zuccheri (merendine, fetta di torta, gelato, coca cola, succhi di frutta industriali, pasta o riso in bianco non integrale), insorge molto prima di un pasto bilanciato, in cui i carboidrati complessi (amidi) devono prima essere digeriti, quindi scomposti in glucosio.
I picchi glicemici troppo elevati sono caratteristici del diabete e degli stadi di ridotta tolleranza glucidica che lo precedono.
Come detto all’inizio, quando un pasto è bilanciato, il picco glicemico si raggiunge all’incirca un’ora, un’ora e mezza dopo l’ingestione; per l’adulto tale picco dovrebbe essere inferiore a 180 mg/dl, anche se i valori ottimali si collocano al di sotto dei 140 mg/dl (normale tolleranza al glucosio).
La glicemia si alza moltissimo e rapidamente quando un pasto è composto principalmente da grossi quantitativi di carboidrati semplici (ad elevato indice glicemico), mentre aumenta con gradualità se i carboidrati sono complessi ed associati a proteine, grassi e fibre. Esempi di alimenti ad alto indice glicemico sono dati da glucosio, miele, pane bianco,, cracker, cereali per la prima colazione e riso brillato. Tra quelli a basso indice glicemico rientrano invece yogurt, piselli, mele, buona parte delle verdure, fagioli, noci, riso parboiled e latte. La fondamentale importanza di evitare il raggiungimento di picchi glicemici troppo elevati – tramite una dieta personalizzata ed un’accurata scelta degli alimenti – è volta a raggiungere un ottimale rapporto tra glicemia e dimagrimento.
Anche la cattiva abitudine di spiluccare spesso cioccolatini o caramelle, o di fare merenda con yogurt alla frutta ricchi di zucchero, oppure sorseggiare un bicchiere di bibita gassata crea frequenti picchi dove il nostro pancreas è chiamato ad intervenire producendo insulina.
Questa continua disponibilità di zuccheri in circolo, quindi fonte energetiche per il nostro organismo, non permette di attivare un ormone chiamato glucagone deputato ad inviare il segnale di smantellare le riserve adipose ed utilizzarle come substrato energetico. Con l’evidente conseguenza che i nostri rotolini rimarranno dove sono.
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BEVANDE VEGETALI, COSA SONO?

Latte di soia, farro, riso, avena…
Sempre più persone hanno intolleranza al lattosio, per carenza dell’enzima lattasi prodotto dai microvilli dell’intestino tenue.
Quando si ha un’alimentazione errata, pro infiammatoria, i villi intestinali deputati alla produzione anche dell’enzima lattasi, vengono compromessi e non si ha più produzione di questo enzima.
L’intolleranza al lattosio non è mai presente come problema singolo, ma bensì vuol dire che ci sono problemi di altra natura nell’intestino.
Inoltre, molte persone sono allergiche anche alle proteine del latte che si chiamano caseine!
Per fare fronte all’esigenza di chi ricercava un sostituto del latte, nel tempo in commercio si sono diffusi i latti vegetali, dapprima prodotti di nicchia, oggi in vendita praticamente ovunque.
A norma di legge non possono essere definiti latti vegetali, ma bevande di soia, riso, avena, farro, mandorle!
È facile intuire che queste bevande vegetali non contengono né lattosio e neppure caseina!
Facciamo dunque una rapida panoramica delle varie bevande vegetali in commercio:
Bevanda di soia
È il più ricco in proteine e in grassi, il più povero in carboidrati. Leggendo sempre l’etichetta, non deve contenere più di O.9% di soia OGM. Il limite della soia sta che il 90% della soia è geneticamente modificata, e per lo più di importazione.
Contiene inibitori delle proteasi, può alterare la digestione delle proteine causando allergie alle varie proteine alimentari.
La soia contiene agglutinine, acido fitico che impedisce l’assorbimento di calcio, magnesio e altri minerali!
Contiene una dose eccessiva di isoflavoni, con azione simil estrogenica, non sempre salutari e quindi da prestare attenzione al consumo eccessivo! Attenzione anche alla lecitina di soia, tanto pubblicizzata contro il colesterolo, per la sua potenziale origine da soia geneticamente modificata. Nel latte di soia può essere presente anche l’ olio di semi di girasole.
Bevanda di riso
Ha il più alto contenuto in carboidrati e il più basso contenuto in proteine e lipidi.
Bevanda di avena
Ha un contenuto ben equilibrato di carboidrati, proteine, lipidi. È un buon alimento, con l’avena in fiocchi si può fare il porridge, classica colazione inglese, molto energetica e tollerata da chi non manifesta celiachia in forma grave.
Bevanda di mandorle
Ha il più alto contenuto in grassi omega 3, mentre i carboidrati e le proteine si avvicina come quantità all’ avena.
Bevanda di farro
Ha meno carboidrati del latte di riso, le proteine sono ad alto valore biologico con aminoacidi ramificati e fenilalanina, ha effetti tonici, adatto a chi ha bisogno di slancio e migliore tono dell’umore. Gli stessi effetti anti depressivi e contro la stanchezza lì troviamo nel farro in chicchi, che rende molto bene nella preparazione di primi piatti.
Come ultimo consiglio vi raccomando di leggere sempre l’etichetta, e la tabella nutrizionale! Se gli ingredienti di una di queste bevande sono tanti, oppure se il primo ingrediente che trovate è lo zucchero, meglio lasciare la confezione nello scaffale!
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Mastica bene il cibo!

Quanti mangiano in 10 o 20 minuti pensando sia sufficiente, ed avere così più tempo per fare altro?
Purtroppo non è una scelta salutare, perché la ricerca sulla nutrizione ci dice che
è meglio mangiare masticando a lungo, e soprattutto gustando il cibo introdotto e assaporandolo a pieno.
Infatti gli studi fatti, hanno evidenziato che chi mastica di più, non solo ha vantaggi sulla digestione e il dimagrimento, ma anche sulla incidenza di malattie cardiovascolari (si vive sani più a lungo!).
Di contro, coloro che mangiano di fretta, pressati dall’ansia e dallo stress, o distratti da altro senza gustare i cibi introdotti (mangiano quasi senza rendersene conto!) hanno un incremento significativo dei fattori di rischio cardio-metabolici, quali l’aumento della glicemia e la riduzione del colesterolo buono (HDL), e ciò indipendentemente dalla presenza di sovrappeso od obesità.
Tutti questi vantaggi solo masticando di più e più a lungo?
Sì!
Un gesto naturalmente semplice, ma con effetti positivi enormi.
Infatti la masticazione prolungata è in grado di
- controllare la fame nervosa attraverso un circuito che dalla bocca e dalle papille gustative manda segnali di sazietà al cervello e ai nuclei della fame; e
- di conseguenza aiutare il dimagrimento;
- attivare la digestione, riducendo i gonfiori addominali, e favorendo il rilascio del succo pancreatico (indispensabile per la digestione ottimale degli alimenti);
- ridurre l’ingestione di aria con il cibo (mangi piano e la pancia rimane più piatta, l’addome meno pronunciato);
- ridurre la fermentazione dei cibi nello stomaco e nell’intestino;
- agire sul sistema cardiovascolare riducendo i tassi di colesterolo e gli eccessi glicemici;
- aumentare il dispendio calorico associato al metabolismo di ogni singolo boccone masticato, che può sembrare di piccolo valore, ma ripetuto più volte, ha anch’esso un impatto nel totale dispendio giornaliero.
- Inoltre, annusare, assaporare e gustare con calma il proprio cibo, appaga il nostro corpo in modo completo, e quando ciò accade ci sentiamo veramente sazi! Questo atteggiamento determina una netta riduzione della introduzione dell’alimento, come se questo avesse contribuito ad innalzare l’indice di sazietà senza neanche avere ingerito il cibo, per cui, quanto più si mastica e si annusa e si assapora un cibo, tanto meno si cerca di riempirsene. Mangiare senza “gustare sensorialmente” il proprio pasto non sfama né cervello né fisico.
Masticare è un semplice trucco per la tua salute, facile, gratuito, alla portata di tutti!
E se la “posata” si chiama così perché, tra un boccone e l’altro, va appunto “posata” sul tavolo, un fondamento di verità ci sarà!
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Aumentare il dispendio energetico con semplici gesti
L’eccesso di carboidrati che ingrassa anche il fegato

Quando mangiamo un piatto di pasta o riso in dosi abbondanti, oppure pane, pizza e prodotti da forno, introduciamo una netta dose di carboidrati che vengono digeriti ed assorbiti a livello dei villi dell’intestino tenue.
Dopo il pasto si ha così un brusco rialzo della glicemia e dell’ormone insulina nel sangue. L’insulina “prende” il glucosio dal sangue per collocarlo anche all’interno degli epatociti.
E fino a quando è presente una certa quantità di glucosio nel sangue, c’è l’insulina che continua a fare il suo lavoro.
Il glucosio del sangue controllato dell’insulina viene stoccato sia nel fegato che in parte anche all’interno dei muscoli, è la loro benzina.
La tendenza ad ingrassare con facilità e con rapidità avviene quando si ha una minore massa muscolare. Infatti se introduciamo troppi carboidrati, il glucosio, derivato dai carboidrati alimentari, non può andare nel muscolo (non c’è!) e quindi la dose predominante di glucosio va all’interno del fegato.
Se consideriamo inoltre, che per natura la donna ha meno muscolo dell’uomo, l’accumulo di glucosio all’interno del fegato, dovuta ad un surplus di carboidrati, fa “ingrassare“ più la donna rispetto all’uomo. Il motivo è tutto in questo processo biochimico.
Inoltre, se non viene praticata attività motoria il muscolo non viene stimolato a mantenersi o crescere, ma anzi, assistiamo ad una rapida perdita dello stesso, causando ulteriore difficoltà al dimagrimento e non si dimagrisce più nonostante i grandi sforzi o diete “miracolose” (che non esistono). Ovviamente l’inattività e conseguente perdita di muscolo interessa anche il maschio.
Così il glucosio non va nei muscoli, che non ci sono più, e va quasi tutto nel fegato con la conseguenza che una persona continua a mangiare nello stesso modo di sempre ed ingrassa perché ha perso muscolo!
Meno muscolo vuol dire più glucosio dentro il fegato, vuol dire trasformazione del glucosio in grasso! (formazione epatica di acido palmitico).
Il fegato ingrassa e diviene fegato grasso (steatosi)
L’eccesso di glucosio, nel fegato viene trasformato in glicogeno, fino ad un preciso livello, che varia da persona a persona.
Il glicogeno è una lunga catena di rete di molecole singole di glucosio unite tra loro. Ma il glicogeno pesa molto ed allora la natura consente di accumularne poco.
Superata la soglia di saturazione personale di glicogeno nel fegato, il glucosio in eccesso viene trasformato in acido palmitico, acido grasso che viene stoccato nei depositi adiposi del corpo umano.
Questo processo biochimico è chiamato lipogenesi. Cioè il fegato produce grasso.
Glicogeno e acidi grassi all’interno degli epatociti del fegato, causano la steatosi epatica, il cosiddetto fegato grasso.
Oltre il 40 % delle persone adulte ed ancor più le donne in menopausa, in sovrappeso ed obese, hanno la steatosi epatica. Purtroppo questa patologia epatica è del tutto sottovalutata.
Con la steatosi ed elevati livelli di glicemia e insulina nel sangue, non modificando lo stile di vita, è molto difficile dimagrire perché il corpo è spinto verso l’accumulo di grasso addominale, aumento di trigliceridi, colesterolo nel sangue.
Come intervenire?
Sicuramente modificando lo stile di vita, prestando attenzione alla dose giornaliera di carboidrati (in particolare alimenti composti con farina raffinata!).
Per dimagrire occorre “scaricare” il proprio fegato di glicogeno e di grassi accumulati all’interno delle cellule epatiche; evitando il picco glicemico ad ogni pasto è la giusta scelta per dimagrire, per eliminare la steatosi epatica e per recuperare un sano peso corporeo.
Preferire alcune volte nella settimana cereali integrali in chicchi (orzo, farro) non ridotti a farina raffinata come per la pastasciutta. Una porzione di farina messa in acqua genera colla per la presenza di glutine. Una porzione di cereali integrali messi in acqua generano germogli.
La farina è un alimento “morto”.
I cereali integrali sono alimenti vivi.
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I LOVE ZUCCHERO

Perché amiamo così tanto lo zucchero e il suo sapore dolce?
L’attrazione per il dolce è spiegata da diversi aspetti:
1- tale gusto viene associato ad alimenti con elevato potere energetico e nutritivo;
2- gli zuccheri forniscono energia rapidamente metabolizzabile e utilizzabile, ed il nostro cervello ne è ghiotto;
3- lo zucchero distrae il cervello dai problemi quotidiani, appagandolo istantaneamente anche se per poco tempo;
4- il gusto dolce richiama stati emozionali legati a qualcosa di buono, gratificante e rassicurante, appagante, anche ai ricordi d’infanzia, tanto è, che molto spesso, dietro la voglia di dolce si nasconde un vero e proprio Craving (desiderio), una vera e propria dipendenza da zuccheri;
5-molto spesso i cibi vengono preferiti proprio in base all’effetto che producono sull’umore.
La serotonina è il neurotrasmettitore che regola il ritmo del sonno, la sazietà, la sensazione di serenità. La serotonina, viene prodotta dal cervello quando mangiamo alimenti che contengono carboidrati, quindi zuccheri.
Per questo la carenza di serotonina ci rende irrequieti, instabili e ci stimola ad “andare a caccia” di alimenti ricchi di zuccheri! Ma non dimentichiamo che l’assunzione di zuccheri semplici e raffinati ad alto indice glicemico (biscotti, dolci confezionati, pane bianco, tramezzini, pasticcini) infiamma l’organismo e ciò attiva un enzima, l’indoleamina che degrada il triptofano (precursore della serotonina) riducendo la disponibilità di serotonina e, quindi, la sua azione sul cervello sarà minore.
L’effetto finale è dunque un circolo vizioso che spinge alla ricerca continua di zuccheri ma produce depressione, obesità e ulteriore infiammazione.
La dopamina è invece il neurotrasmettitore che stimola la ricerca della gratificazione, in ogni sua forma, per questo è coinvolto in tutti i fenomeni di “dipendenza”. Una sua carenza si verifica spesso nei momenti di stress e ci fa sentire stanchi e demotivati inducendo la ricerca di quelle sostanze che ne attivano il rilascio. I cibi ricchi di grassi, zuccheri e proteine, sono i più ricercati perché contengono fenilalanina e tirosina, due aminoacidi che l’organismo utilizza per produrre dopamina.
Per questo la sua carenza ci porta a consumare il classico junk food, cibo ricco di grassi, carboidrati raffinati, esaltatori del gusto.
Un pasto ben bilanciato, composto da cereali integrali, verdure e proteine sane dovrebbe di per sé già lasciare soddisfatti, ma se ancora abbiamo la sensazione che “manchi qualcosa”, un quadrato di buon cioccolato fondente (almeno con l’80% di cacao) o qualche noce o mandorla ci faranno chiudere soddisfatti il nostro pasto e senza sensi di colpa.
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